Vucinic genio e sregolatezza

04/12/2009 - 0:00

 
(Il Romanista) – L’unica cosa in comune con il giorno del suo ritorno al gol, contro il Bologna, è che la Roma e Vucinic hanno bisogno di uno schiaffo per svegliarsi. Anche la porta è la stessa, ma in campo ci sono un’altra Roma e un altro Mirko. Quello di una volta, che segna il gol della Roma di una volta neanche tanto lontana. Tutto di prima. Menez da destra la tocca al centro, De Rossi attraverso i buchi della mascherina vede Vucinic che arriva a sinistra e gli passa un pallone di prima come solo i capitani presenti e futuri della Roma sanno fare. Lui arriva in corsa, col sinistro tocca il pallone esattamente nel punto che serve per dargli il giro che serve. Gol. Minuto 58. Due a uno, compito eseguito, Ranieri che fa segnare la Roma come segnava quella di Spalletti lo richiama in panchina. Lui ride sotto i baffi che non ha più.
 
Applausi. Furono fischi dopo il gol al Bologna. Nel frattempo, però, Vucinic è tornato lui. Da quel giorno praticamente non s’è fermato più. Col Fulham non ha giocato, con l’Inter e con l’Atalanta ha segnato, col Bari ha fatto venire il mal di testa a qualsiasi difensore provasse a fermarlo. Considerato che quel giorno s’è anche preso il fallo da rigore dell’1-0, ha praticamente sempre spostato il destino delle partite della Roma. Poi ha continuato a sbagliare gol facilissimi, vedi Inter e Atalanta. Più che una questione di baffi, è un problema di camicie. Non arriva a sudarne sette, almeno così non sembra, ma tutti i grandi giocatori danno sempre l’impressione di non sudare. Ne sudano almeno 14 (per compensare) tutti i tifosi della Roma che ogni volta che prende il pallone non sanno mai che cosa possa capitare. Quasi una scatola di cioccolatini di Forrest Gump.
 
C’è tutto Mirko Vucinic nella partita di ieri. Ha sbagliato di due metri un passaggio a De Rossi che gli stava a un metro, s’è fatto pescare in fuorigioco pur stando, buttato a sinistra, in posizione migliore del guardalinee per autovalutarsi, ha consegnato la palla al difensore che stava puntando. Ma in quei 20 minuti del primo tempo non l’ha fermato nessuno, ha controllato il pallone in ogni modo, anzi, sempre scegliendo e trovando il modo  più difficile, ha fatto quello che voleva, ha segnato quel gol. Sarà pure vero che sbaglia sempre la cosa più facile. Ma nessuno come lui riesce a rendere facile il difficile attraverso il sublime. Anzi, qualcuno sì: i geni. Come Mirko

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