Totti: ´La Champions? Agli ottavi vorrei il Real Madrid, ci porta bene´

12/12/2008 - 0:00

 
Francesco Totti nel Forum andato in scena nella redazione del Corriere dello Sport.
 
Totti, bentornato al Corriere dello Sport-Stadio. «Grazie. Vengo sempre con piacere a trovarvi, perché mi accogliete bene. Il rapporto che ho con voi è particolare e mi rende molto orgoglioso».Partiamo dal suo favoloso momento. Sentendo Spalletti e i suoi compagni, sembra che lei non sia mai stato così bene. Corre più di quando aveva ven­t’anni.«Forse è eccessivo dire così. Credo di avere corso tanto anche prima. E’ chia­ro che molto dipende dalla condizione. Dopo il grave infortunio al ginocchio sto tornando al top. Non sento più fastidi e questo mi aiuta a rendere al massimo».L’Inter ha già vinto lo scudetto? «E’ presto per dirlo, ma ha grandi pos­sibilità di vincerlo».
La Roma è fuori? «Dobbiamo essere realisti. Il distacco è notevole e non credo che l’Inter per­derà così tanti punti. Lo scudetto ri­guarda Inter, Juve e Milan».Fra queste tre, Totti per chi tifa? «Per il Milan. Ho più amici là e la squadra mi è più simpatica. C’è meno rivalità rispetto alle altre due».Le è simpatico Mourinho? «Molto. E’ un tipo diretto, senza peli sulla lingua. Mette tutti sullo stesso li­vello. Mi piacciono le persone così».Anche Spalletti è così? «Sì, ma non lo fa vedere…».
 
Mourinho rende pubbliche le situa- zioni che di solito restano chiuse negli spogliatoi. Crede che la sua scelta rom­perà un muro nei rapporti con l’opinio­ne pubblica?«No, non penso. Lui fa questo, ma cre­do che in generale tutto resterà così co­m’è adesso».Balotelli è un ragazzo un po’ bizzoso. Pensa che Mourinho lo stia gestendo bene?«In effetti Balotelli quando ha giocato contro la Roma non si è comportato molto bene. E’ giovane, deve crescere. Ma è un calciatore di grandi potenziali­tà e deve essere contento di aver incon­trato un allenatore come Mourinho, che lo mette sull’attenti. E’ successo anche a me con Mazzone».Totti sente ancora i suoi ex tecnici? « Mazzone sì. Anche Zeman. E poi Spalletti, tutti i giorni…».
Capello? «Capello no».
Pensa sempre che i romani siano an­tipatici nel resto d’Italia? «Io penso solamente che sui romani ci siano tanti luoghi comuni: sono pigri, non hanno voglia di lavorare e via di­scorrendo. Non credo sia così. E poi perché tutti vogliono venire a lavorare a Roma?».In campionato la Roma può raggiun­gere al massimo il quarto posto?«Se pensiamo a come eravamo messi un mese e mezzo fa, arrivare quarti sa­rebbe come uno scudetto per noi. Però adesso puntiamo a qualcosa in più: tra il secondo e il quarto posto. Alla fine tra le prime quattro ci sarà anche la Ro­ma ».Quali sono le avversarie da temere per un posto in Champions League?«Fiorentina e Napoli. Ma anche la La­zio».Il ritorno di Totti ha rilanciato la Ro­ma. Ma quali altri elementi hanno fat­to sì che la squadra tornasse quella del­lo scorso anno?«Il recupero dei giocatori, il modulo e i risultati: quando arrivano le vittorie cambia l’atteggiamento mentale. E la testa conta».Si è parlato di frizioni tra Spalletti e i giocatori.«Niente di vero. I problemi in un gruppo ci sono sempre, anche quando le cose vanno bene. Ma non c’è mai sta­ta una spaccatura».Si è anche detto che l’incontro estivo tra Spalletti e il Chelsea abbia disorien­tato la squadra.«Guardate, io non so nemmeno se sia vero che l’allenatore ha incontrato il Chelsea. So solo che a me ha sempre detto che voleva restare alla Roma».Le novità tattiche sono state concor­date tra Spalletti e i giocatori?«No, la scelta è stata dell’allenatore. E’ stato bravo a capire che il vecchio si­stema di gioco può funzionare se tutti gli interpreti sono al cento per cento. Ma noi non eravamo al top».Si sente più a suo agio con questo schema?«Sì. Posso attaccare e arretrare più li­beramente. Prima non avevamo un at­taccante davanti quando io mi abbassa­vo ed era più difficile giocare».Laurent Blanc, che avete appena eli­minato dalla Champions, ha detto: «Totti è il Colosseo della Roma». Tra i soprannomi che le hanno affibbiato in tanti anni di carriera, qual è il più gra­dito?«Sicuramente questo. Il Colosseo è il monumento più importante che abbia­mo a Roma. Quindi essere paragonati al Colosseo è un motivo di grande orgo­glio ».Ha segnato 211 gol con la Roma. Quando smetterà di giocare vorrà es­sere ricordato come un grande centra­vanti o un grande numero 10?«Alla fine della carriera potrò dire di essere stato un grande attaccante. Pri­ma ero un uomo assist, adesso faccio più gol».Il suo gol più bello? «Ce ne sono diversi. Il cucchiaio a Ju­lio Cesar in Inter- Roma 2- 3 ( 2005/ 06, ndr) ma anche i tiri al volo in Sampdo­ria- Roma di due anni fa e in Roma-Udi­nese del campionato dello scudetto. Poi non dimentico l’altro cucchiaio, a Pe­ruzzi nel derby vinto 5-1».E il gol più emozionante? «Il cucchiaio a Peruzzi. Per forza. An­che se non era importante come il gol al Parma nel giorno dello scudetto. Ma quel gol nel derby mi regala anche altri ricordi, mostrai la maglietta con la scritta sei unica, era dedicata a Ilary, un’emozione indimenticabile».
 
Il ciuccio continuerà a farlo dopo un gol? «Sì, è dedicato alla mia famiglia: Ila­ry, Cristian, Chanel. E poi non è che og­gi si possa fare molto altro, se esageri ti ammoniscono. E, francamente, è una cosa che capisco poco. Uno fa gol, si to­glie la maglia per festeggiare e si becca un cartellino giallo. Questo dice il rego­lamento: io non sono per niente d’accor­do ».Se potesse tornare indietro, farebbe subito il centravanti?«Sì. A questo punto sarei già a trecen­to reti».Può ancora arrivare a quel traguar­do.«Vero. E’ uno degli obiettivi. Se gioco ancora cinque-sei anni posso farcela. E io voglio giocare ancora a lungo».A questo proposito, il suo contratto scade nel 2010. Non avete ancora trat­tato il rinnovo.«No, ma penso e spero che non ci sia­no problemi. Io vorrei andare avanti fi­no al 2014 però potrei smettere anche prima. Sono una persona matura. Se un giorno mi rendessi conto che non sono in grado di dare il mio contributo, strap­perei io stesso il contratto».Tra gli altri contratti, il caso più deli­cato riguarda Aquilani.«Non mi piace entrare in queste trat­tative: è una questione tra lui e la socie­tà. Posso dire, da capitano e da amico: spero che resti. E’ un giocatore fonda­mentale, un campione di livello inter­nazionale che ha tanta voglia di far be­ne nella Roma».La squadra che Totti ha deciso di spo­sare per sempre. Non le è rimasta la curiosità di provare un’esperienza di­versa, magari all’estero?«La curiosità sì. Mi rimarrà a vita. Ma per me ha deciso il cuore. E al cuore non si comanda. Non ho rimpianti».In un certo periodo stava per lascia­re la sua città e la sua squadra.«Sì, è vero. Sono stato vicino a Real Madrid e Milan. Ma avrei comunque scelto il Real, l’estero, per rispetto dei nostri tifosi».Tra qualche anno, quando smetterà, resterà nel calcio?«Sicuramente. Io senza pallone non so stare. Me ne sono accorto nel periodo degli infortuni».Allenerà? «No, escluso. Sono troppo buono io. Premesso che mi vedo ancora calciato­re per tanti anni, dopo resterò nei qua­dri della Roma. Potrei fare il direttore sportivo, o il direttore tecnico».Facciamo una battuta: Pradè e Conti non saranno contenti di saperlo.« Ma no, potremmo lavorare tutti in­sieme. Tra romani ci si capisce al volo».Faccia un pensiero da dirigente allo­ra. Se avesse un budget illimitato, qua­le campione porterebbe alla Roma?« Messi. Gli avrei dato il Pallone d’Oro, anche se credo che Cristiano Ro­naldo l’abbia meritato perché ha vinto la Champions. E se vinci la Champions sei più vicino a quel premio».Dopo tanti anni, ha capito come fun­zionano le votazioni per il Pallone d’Oro?«No, ma non è certo un problema».
C’è stato un anno in cui ha pensato di meritare di vincerlo? «Nel 2001. Avevo fatto un ottimo Eu­ropeo l’estate prima e in quella stagio­ne ho vinto lo scudetto e la Supercoppa con la Roma. Invece lo vinse Owen che con il Liverpool, comunque, si era por­tato a casa cinque coppe».Per il Pallone d’Oro forse è tardi, ma tra gli obiettivi di Totti c’è il Mondiale in Sudafrica?«In questo momento no».
Cancellando “in questo momento”? « No » .
Ma se Lippi le telefonasse e le chie­desse di andare in Sudafrica con lui? «Non direi no subito. Ci penserei mil­le volte, solo perché è Lippi. Con me si è comportato in maniera straordinaria. E’ stato un grande uomo. Con lui ho un rapporto particolare».Ha detto addio alla Nazionale forse in maniera un po’ affrettata.«Sì. Ma avevo appena vinto il Mondia­le, ero soddisfatto di quello che avevo fatto, perché per quello che potevo ave­vo dato parecchio alla squadra. Il mio recupero dall’infortunio era stato molto rapido, avevo bisogno di fermarmi e ge­stirmi. Dovevo riposare, stare di più con la mia famiglia e sentivo ancora dolori al piede. Potendo tirare il fiato soltanto nelle settimane in cui era impegnata la Nazionale, la mia scelta non poteva che essere quella che ho fatto. Del resto non potevo mica lasciare la Roma. Ma forse non sono stato capito oppure non mi so­no spiegato bene».Chi non l’ha capita, Donadoni? «Donadoni e qualcun altro che girava lì intorno. Gigi Riva invece sapeva be­nissimo quale era la mia situazione, co­me stavo e cosa sentivo».Intanto in Nazionale è tornato il suo preparatore personale Vito Scala…«Lui sta bene con tutti, anche senza di me. Vito è stato uno degli artefici dei miei recuperi, insieme con il fisiotera­pista Silio Musa. Vito è un amico, un fratello, mi ha dato i consigli giusti, sempre, anche quando ho sbagliato. Ci sono dei momenti in cui ti butti giù, so­prattutto nella fase del recupero. Noi calciatori siamo uomini come gli altri, con tanti vantaggi ma anche qualche problema. Per fortuna io ho avuto ac­canto delle persone meravigliose che mi hanno supportato nei periodi delicati».Però a Livorno, dopo la sua espulsio­ne, l’ha spedito al tappeto…«Mi sarei ammazzato. Certo non vole­vo buttarlo a terra, è lui che è scivolato (e Scala interviene: «Il fatto è che ave­vo le scarpe da ginnastica…» ), io ero te­so per quello che era successo, è stato solo un attimo, ho sbagliato, ma ero sta­to espulso ingiustamente».A proposito di amici. Cassano nella sua autobiografia ha scritto che Totti ha favorito il suo addio alla Roma.«Come dicevo prima, io non interven­go sulla questione contrattuale di un mio compagno. Per me sono tutti ugua­li da questo punto di vista. Sono affari loro. Mi può dispiacere se un amico se ne va, e io con Antonio avevo un gran­dissimo rapporto, però non devo decide­re io, c’è la società e decide lei».Cassano non ha perso una grande oc­casione lasciando la Roma?«Per me sì. Qui aveva tutto e sarebbe servito anche alla Roma».Zidane dice che Menez ha i colpi di Cassano.«Sono due giocatori diversi. Menez ha altri colpi, più velocità e meno fisico. Può diventare un nuovo Messi, uno che fa la differenza».Davvero è rimasto così colpito da Me­nez?«Davvero. E’ un giocatore con poten­zialità enormi, parliamo la stessa lingua calcistica, ha soltanto ventuno anni, può fare tantissimo a livello internazionale, ha grandi margini di miglioramento».Totti a ventuno anni era già capitano della Roma.«Ci vuole anche un po’ di fortuna per questo… » .Menez, Vucinic e Totti possono gioca­re insieme?«Si può fare. Con Menez o con me al­le spalle delle due punte».
E voi tre con Julio Baptista? «Con questo nuovo modulo no perché Ju­lio non ha le caratteristiche di Brighi o Per­rotta, ma con il vecchio sistema è una cosa possibile, Baptista potrebbe giocare in cop­pia con De Rossi in mezzo al campo».La sua Roma vola in Europa: ha chiuso il girone di Champions al primo posto. Che avversaria vorrebbe trovare negli ottavi?«Nessuna in particolare. Lo Sporting Li­sbona è la squadra più abbordabile, l’abbia­mo affrontata l’anno scorso e la conosciamo. Ma se dovessi scegliere, vorrei il Real Ma­drid: ci porta bene. E poi giocare contro di loro è sempre un piacere. Eviterei invece l’Arsenal: le squadre inglesi ci hanno spes­so messo in difficoltà».Lo Sporting le ricorda uno dei suoi infor­tuni, dovuto al contrasto con Liedson.«Non è un bel ricordo. Sono rimasto fuori molto tempo. Sembrava solo una contusione, ma non riuscivo a poggiare il piede per ter­ra. Dopo tante risonanze, abbiamo scoperto che c’era una microfrattura al collo del pie­de ».In finale ha già detto che gradirebbe una rivincita con il Liverpool.«Beh sì. Ma l’importante è arrivarci, al 27 maggio. Contro chiunque…».De Rossi sostiene che sette-otto squadre in Europa siano superiori alla Roma. E’ d’accordo?«Forse non sono così tante. Direi che ce ne sono due o tre: Barcellona, Manchester United e Chelsea».
 
Non mette l’Inter in questa lista. «Perché l’Inter in Europa fa più fatica. Ed è strano: ha tanti giocatori stranieri, un alle­natore come Mourinho che ha una grandis­sima esperienza internazionale, eppure i ri­sultati in Champions League finora non so­no stati soddisfacenti».Quando Totti era un giovane emergente, si disse che era il nuovo Mancini. Ora ha già intravisto chi potrebbe essere il nuovo Totti?«Non l’ho ancora identificato».
Forse Messi? «Messi è diverso da me, salta più l’uomo ma ha meno forza rispetto a me. E poi è tut­to sinistro e, per dire un’altra differenza, lui non è tipo che fa lanci da cinquanta metri».Qual è il compagno tecnicamente più do­tato che abbia mai avuto?«Direi Cassano. Ma anche con Batistuta, che pure era meno raffinato, mi sono trova­to alla grande».E il suo rimpianto? Ha sempre detto che avrebbe voluto giocare con Ronaldo. Ronal­do il brasiliano, non Cristiano.«Confermo. Con me uomo assist, avrebbe segnato cinquecento gol».Lo prenderebbe anche ora che ha firma­to per il Corinthians?«Sì. A Roma potrebbe ritrovare gli stimo­li giusti, si ambienterebbe subito. E poi l’operazione avrebbe costi contenuti».
 
Ma è vero che Totti suggerisce gli acqui­sti ai dirigenti?«Ecco, approfitto di quest’occasione per chiarire. Io non impongo niente. Si è detto tante volte che non volevo un centravanti al­la Roma perché mi avrebbe tolto spazio. Se capita, parlo con la società, do un parere. Se me lo chiedono loro. E magari io mi metto in contatto con i giocatori, come è successo con Mutu. Ma non è detto che i miei consigli sia­no accettati. Io avevo chiesto Fernando Tor­res e Toni, per esempio. Io, che non voglio i centravanti…».Si parla di un possibile arrivo di Crespo alla Roma…«E’ un giocatore che farebbe comodo a qualsiasi squadra. Ma, adesso, in questa Ro­ma, dove giocherebbe?».Al posto di Totti? «Come caratteristiche non può sostituire Vucinic, non può sostituire Menez, sì, do­vrebbe giocare al posto mio…».Si sente di dire che la Roma resterà gran­de a prescindere dai risultati di questa sta­gione?«Bisogna restare grandi. Bisogna essere più forti, anzi. La squadra e la città lo meri­tano ».Spalletti resterà? «Io spero di sì. E tutti mi dicono di sì».
Ancelotti sembra il naturale successore. «Io mi auguro che Spalletti rimanga, per­ché lavoro molto bene con lui. Poi, in futuro, mi piacerebbe essere allenato da Ancelotti».Accoglierebbe con piacere un investitore straniero nella Roma o è meglio continuare con la famiglia Sensi?«Io spero che si vada avanti con i Sensi. Anche perché in molti parlano ma di tratta- tive concrete non ce ne sono. La famiglia Sensi va rispettata per tutto quello che ha fatto per la Roma».Vi manca il presidente Franco? «Molto. Io per lui ero come un figlio, ave­vamo una tale confidenza che gli davo del tu. Ma Trigoria è tappezzata di sue foto, che non ce lo fanno mai dimenticare».Presto la Roma avrà un suo stadio, pro­prio intitolato a Franco Sensi.«Se e quando sarà, mi sembrerà strano giocare in uno stadio diverso dall’Olimpico, ma una città come Roma deve avere due sta­di, uno per la Roma e un altro per la Lazio. E sarà giustissimo intitolare il nostro al pre­sidente Sensi».
 
A proposito di Lazio. Recentemente ave­te giocato il derby. Zarate le è sembrato un fenomeno?«E’ bravo ma con tutto il rispetto, i feno­meni sono altri. Ma è giovane, deve cresce­re, può diventare un giocatore che fa la dif­ferenza ».
Due anni e mezzo fa c’è stato il ciclone di Calciopoli. Oggi le sembra che sia cambia­to qualche cosa?«Niente. Forse qualcosina è cambiata ma la sudditanza c’è ancora, c’è poco da fare».Cosa si può fare per risolvere questo pro­blema?«Credo non ci sia niente da fare. Il calcio, purtroppo, è questo».Queste sue parole sono dettate anche dal­l’esito dello scorso campionato?«Io ne avevo parlato già nella passata sta­gione, quando sottolineai aiutini e aiutoni».L’ultimo scudetto doveva vincerlo quindi la Roma?«Sì. A cinque, sei giornate dalla fine dove­vamo essere già campioni d’Italia. Poi se uno vuole negare l’evidenza, faccia pure».Rispetto ai suoi inizi in cosa è cambiato il calcio?«Sicuramente sotto il profilo dello stress. Si gioca ogni tre giorni, ci sono troppe parti­te, non c’è mai un attimo per tirare il fiato. E poi il gioco è più veloce e aggressivo. Og­gi conta più la corsa della tecnica quando in­vece dovrebbe essere il contrario».E questo porta anche a un maggior nu­mero di infortuni?«Sì. Oggi un calciatore deve sapersi gesti­re e magari fermarsi quando sente anche un piccolo fastidio per non compromettere le partite successive».Però Ibrahimovic nell’Inter gioca sem­pre…«Ci deve essere un motivo. E pensare che aveva cominciato la stagione con un proble­ma al ginocchio. Nonostante l’abbondanza di attaccanti, che si chiamano Crespo e Adriano per esempio, Mourinho sceglie sempre lui».Totti cosa farebbe per migliorare il cal­cio?«Per prima cosa ridurrei il numero delle squadre in serie A. Poi sarebbe forse giusto tornare alla vecchia formula della coppa dei Campioni, cioè addio al girone e da subito eliminazione diretta. Già così si ridurrebbe­ro le partite».
 
 
Prima di Cristian e Chanel aveva giu­rato: « Farò cinque fi­gli, una squadra di calcetto » . Ora Fran­cesco Totti annun­cia: « Potrei fermar­mi a quattro, ma solo se vengono un altro maschio e un’altra fem­mina. Ilary lo sa, le ho già detto come la pen­so: un po’ di riposo e poi ricominciamo » . Cri­stian ha 3 anni, Chanel 1 anno e mezzo. La fa­miglia Totti vive in un appartamento al Torri­no, nella zona sud di Roma, non lontano da Trigoria, dove abitano tanti giocatori giallo­rossi. Francesco e Ilary si sono sposati in di­retta televisiva nel giugno 2005 nella chiesa romana dell’Ara Coeli, in pieno centro.
 
Ma i figli sanno che papà Totti è uno dei calciatori più forti del mondo? Lo sanno, lo sanno. Sia Cristian che Chanel hanno capi­to. E il primogenito Cristian ha già una passione irrefrenabile per il calcio: « Eccome. Tra un giocattolo e il pallone, sceglie sempre il pallone. Non solo. Mi vede sui giornali e guarda le mie partite, prima di addormentarsi. Poi quando mi in­contra mi chiede: “ papà, hai fatto gol?”. Fi­no a due mesi fa mi toccava rispondergli di no. Adesso almeno lo faccio contento… » . E la piccola Chanel? « Anche lei comincia a capi­re che suo padre è un calciatore » .
 
Nel giorno in cui si spegneranno le lu­ci del pallone, si po­trebbero accendere quelle del cinema per Francesco Totti? Il ta­lento e la simpatia ci sono tutti… « No, non credo di essere adatto a un ruolo di attore. Non mi sentirei a mio agio. Un conto è farlo per diver­timento, un’altra cosa è farlo per lavoro» . Ma se un regista, tipo il suo amico Carlo Verdone, le chiedesse di recitare per lui? «Adesso rispondo di no. Poi tra dieci anni, se avessi problemi eco­nomici… » . Nel frattempo ci sono gli spot Vodafo­ne: «Ne faremo di nuovi, io e Ilary. Non potevo mica lasciarla ancora da sola con Gattuso… Scherzo naturalmente: Rino è divertente» .
 
Tra i tanti discorsi, Tot­ti ha raccontato un episodio che risale al giu­gno 2001, l’anno del “suo” scudetto: «Roma è una città incredibile, emana una passione straordinaria. Dieci gior­ni dopo lo scudetto andai con i parenti a cena in un fa­moso ristorante di Testaccio. Pensavo: è passato qual­che giorno, i festeggiamenti saranno finiti. Entrai alle 8 di sera: non c’era nessuno. Un’ora dopo sessanta-set­tantamila persone avevano bloccato il traffico e mi in­citavano. Era impossibile uscire per me. Sono stato co­stretto a scavalcare il recinto e lasciare il quartiere pas­sando per un istituto di suore che era lì accanto. Tutto questo mi fa piacere, perché so quanto i romani mi vo­gliano bene. Però a volte una persona ha bisogno di tran­quillità »

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