• Taddei e Vucinic, sempre loro. Nel giorno della vittoria del carattere

    14/04/2008 - 0:00

     

    Rodrigo Taddei e Mirko Vucinic. Gli uomini che fecero l’impresa colpiscono ancora. Segnano entrambi? La Roma vince. Un assioma, dopo Madrid e dopo sabato scorso con il Genoa, due snodi cruciali della stagione dei giallorossi. A Udine è arrivata la vittoria più importante del 2008, almeno per la Roma versione campionato. La vittoria del carattere, del cuore, della grinta, della voglia di tenersi aggrappati ad un campionato che stava sfuggendo di mano, dopo il gol di Di Natale e la lite, rimasta tale e non sfociata in qualcosa di peggio solo per il bene della Roma, tra Doni e Panucci. Un caso già rientrato, ma se la Roma non avesse portato a casa i tre punti, cosa sarebbe successo in termini di cassa di risonanza, nemmeno lo immaginiamo.
     
    Due mazzate: mercoledì l’eliminazione dalla Champions con quel maledetto calcio di rigore sbagliato da De Rossi, ieri il gol in apertura di ripresa di quel Di Natale promesso sposo giallorosso. Ma la Roma non si è abbattuta, né piegata. Ha continuato a correre, rischiando il tracollo ma non dando mai la sensazione di lasciare il fianco all’avversario. In sei minuti, il tifoso giallorosso ha ringraziato il destino per essere nato con questi due colori addosso. Il semplice appassionato di calcio, invece, si è “soltanto” leccato i baffi, davanti alle magie di Vucinic e Taddei.
     
    La consolazione dei ko con lo United ce la regalano i numeri. Nelle quattro occasioni in cui i giallorossi sono usciti sconfitti dal match con i Red Devils, nelle altrettante partite di campionato immediatamente successive, sono arrivati quattro successi. 4-0 alla Samp il 15 aprile 2007 (dopo la nefasta serata del 7-1), 3-0 al Parma del 7 ottobre scorso e, arrivando ai giorni nostri, il 3-2 al Genoa prima del tris in terra friulana.
     
    E’ stata la domenica del sei: come i gol di Mirko Vucinic in questo campionato, ma anche come quelli di Rodrigo Taddei e Ludovic Giuly. Proprio il brasiliano aveva deciso anche la partita d’andata, ieri si è ripetuto, realizzando uno dei gol più importanti della stagione della Roma, per alimentare quelle speranze scudetto appese, con tutta probabilità, alla 36a giornata, quella del derby di Milano. Se l’ Inter, data per spacciata ma capace di battere la Fiorentina, riuscirà a superare anche lo scoglio della stracittadina, avrà meritato il tricolore.
     

    L’altra notizia incoraggiante è il ritorno del capitano: per lui settanta minuti a gran ritmo, una buona prestazione e una discreta condizione fisica, che può ancora crescere in vista della volata scudetto e di una finale di Coppa Italia che passerà per il doppio confronto con il Catania. La presenza di Totti, oltre a trascinare i compagni, è stata fondamentale sotto l’aspetto tattico. Quella maglia numero dieci, da sola, infatti, ha tenuto in apprensione l’intero terzetto difensivo di Marino.
     
    Nel momento di maggior sofferenza della Roma, quando sarebbero potute servire forze fresche dalla panchina, Spalletti ha lanciato un segnale forte e chiaro: il futuro di Amantino Mancini è sempre più lontano dalla Capitale. Novanta minuti in panchina, a fare da spettatore al trionfo dei suoi compagni. Scalpitava, Amantino. Ma accanto a sé sono passati prima Brighi, poi Giuly, infine Antunes. Tre mesi fa si parlò di dettagli, la sensazione è che oggi quella forbice tra società e giocatore (in cui il rapporto con la tifoseria è un fattore determinante) si sia irrimediabilmente allargata. Ma è il momento della Roma. I contratti, il mercato, l’interessamento di Soros: tutto conta meno.
                                                                                                           Marco Calabresi
     
     

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