• STORIA DELLA ROMA. La finale di Coppa Uefa e la settima Coppa Italia

    18/03/2012 - 19:45

    (Foto Getty Images)

    Continua il nostro percorso a tappe che descrive i trofei conquistati dalla squadra giallorossa nel corso della sua storia. In questa settimana concluderemo il racconto (iniziato nella scorsa puntata) legato all’amara sconfitta nella finale di Coppa Uefa e alla settima affermazione in Coppa Italia.

    La Roma di Bianchi era a un passo dalla sua prima finale Uefa. L’ultimo ostacolo fu rappresentato dalla rodata squadra danese del Broendby, che poteva contare su uno dei più forti portieri di tutti i tempi: Peter Schmeichel. La Semifinale di andata si disputò in Scandinavia. I giallorossi riuscirono a bloccare gli avversari, strappando un preziosissimo 0-0. All’Olimpico bastava vincere con qualsiasi risultato per accedere a una storica qualificazione. I tifosi si riversarono in massa allo stadio: si potevano contare più di 60.000 appassionati pronti a trascinare i propri idoli. La sfida iniziò sotto una buona stella: alla mezz’ora Rizzitelli portò in vantaggio i suoi. Si arrivò all’intervallo con la Roma sopra di una rete. Nella ripresa tuttavia avvenne l’imprevedibile. I danesi sfruttarono un rapido contropiede per riaprire il match. La difesa giallorossa si complicò la vita: per evitare il gol, prima Comi poi Nela intervennero con una doppia scivolata mettendo fuori causa il proprio portiere Cervone. Il momentaneo 1-1 qualificava il Broendby, per via delle reti segnate in trasferta. Ai padroni di casa non rimaneva altro che continuare ad attaccare per trovare un gol fondamentale. Schmeichel si dimostrò un muro invalicabile, riuscendo a parare l’impossibile. Anche le condizioni del terreno di gioco non agevolarono l’azione dei giallorossi. Al minuto ottantotto, tuttavia, la grande volontà della squadra romanista venne ripagata. Sul sinistro di Desideri questa volta il numero uno danese non riuscì a trattenere, Rizzitelli e Voeller si avventarono sulla ribattuta depositando la sfera in fondo al sacco. Fu il bomber tedesco a toccare per ultimo, regalando alla Roma la finale tutta italiana con l’Inter.

    LA FINALE CON I NERAZZURRI –  Ai giallorossi non poteva capitare avversaria peggiore. La squadra milanese contava sull’indiscussa classe del regista tedesco Lothar Matthaeus. L’andata del Meazza fu una gara da dimenticare. A condannare la Roma furono dieci minuti di black out generale, quelli che andarono dal 55’ al 65’. Prima venne concesso un calcio di rigore molto discusso per un contatto in area tra Comi e Berti (a dirigere l’incontro fu il russo Spirin). Ad incaricarsi della battuta dal dischetto fu Matthaeus che non sbagliò. Pochi istanti dopo, fu Nicola Berti a portare l’Inter sul raddoppio: il giocatore venne pescato tutto solo dal perfetto cross di Klinsmann. La gara terminò 2-0 in favore dei nerazzurri (fu l’unica sconfitta dei giallorossi nella manifestazione). All’Olimpico, il 22 maggio 1991, i capitolini vennero accolti con uno striscione che recitava una frase emblematica, srotolato dalla Curva Sud: “Il nostro cuore e il nostro amore alzeranno la coppa: carica ragazzi !”. I sostenitori si dimostrarono il dodicesimo uomo in campo. Fin dalle prime battute la Roma attaccò a testa bassa. Al 5’, Rizzitelli sfiorò la rete: solo il palo negò la gioia del vantaggio. La spinta dei giallorossi non si placò. Il direttore di gara francese Quiniou non concesse un chiaro rigore per l’atterramento in area di Voeller. La retroguardia nerazzurra non mostrò crepe, almeno fino all’80’. Ruggiero Rizzitelli (ribattezzato presto ‘Rizzi-gol’) fu l’ultimo ad arrendersi: con un diagonale di sinistro, piegò le mani al portiere Zenga. L’1-0 romanista caricò l’ambiente, un altro gol voleva dire andare ai tempi supplementari. Furono dieci minuti di assedio che, purtroppo, non portarono alla sospirata rete. La Coppa Uefa andò all’Inter e, a distanza di sette anni dalla maledetta finale di Coppa Campioni persa contro gli inglesi del Liverpool, la Roma fu costretta a guardare ancora una volta gli avversari trionfare nel proprio stadio.

    LA ROMA SI CONSOLA CON LA COPPA ITALIA –  Il trofeo della consolazione fu di nuovo la Coppa Italia. In finale l’avversaria di turno fu la straordinaria Sampdoria degli ex Cerezo e Vierchowod e dei giovani talenti Mancini e Vialli. I blucerchiati si presentarono alla doppia sfida da neo Campioni d’Italia (per la prima volta nella loro storia). Il 9 giugno 1991, a Marassi, si consumò l’atto conclusivo della seconda competizione nazionale. La Roma si presentò in campo forte del successo per 3-1 maturato all’andata. L’ordine del tecnico Bianchi fu quello di difendere il risultato acquisito all’Olimpico. La squadra genovese guidata dal serbo Boskov (che l’anno successivo approdò sulla panchina giallorossa), evidentemente appagata per lo Scudetto conquistato, non sembrò irresistibile. Ne nacque una prestazione opaca da entrambe le parti. Il primo tempo fu avaro di emozioni e si concluse sullo 0-0. Tutte le  reti vennero siglate nel corso della ripresa. Al 56’, fu concesso un penalty alla Roma: Voeller realizzò. Solo l’autorete del brasiliano Aldair, a dieci minuti dalla fine, sancì il definitivo pareggio e la conquista della settima Coppa Italia. I giallorossi chiusero con un accenno di soddisfazione una stagione estenuante e tormentata. 

    Emanuele Tocchi

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