Sebino Nela, quando lottare è una filosofia di vita

Redazione RN
05/04/2015 - 19:10

CORE DE ROMA – Ci sono date che, per destino o per casualità, assumono una grande valenza nella storia di un club. Per la Roma il 13 marzo non è un giorno come tutti gli altri; non può esserlo, se ha visto i natali di “Picchio” De Sisti e Bruno Conti, romani e romanisti doc. Esattamente sei anni dopo il “Marazico”, a Rapallo, in provincia di Genova, nasce Sebastiano Nela, noto a tutti come “Sebino”. Insieme all’ala di Nettuno sarà tra i protagonisti del tricolore 82/83 e parteciperà alla metamorfosi che porterà la Rometta a competere ai vertici del calcio nazionale ed europeo. “Picchia Sebino!”, canterà l’Olimpico all’indirizzo di questo terzino tutto cuore e polmoni. Un mancino che Liedholm sposterà a destra, costringendolo ad allenamenti supplementari per migliorare il piede debole. Un ragazzo e poi un uomo che farà del coraggio e della voglia di lottare la sua filosofia di vita, tanto da sconfiggere il male che gli viene diagnosticato sul finire del 2012. Sebino picchierà anche lui, senza pietà, uscendone vincitore. E chissà che non abbia mostrato anche al tumore quello stesso dito medio che rivolse al baldanzoso tecnico del Dundee dopo la semifinale di ritorno di Coppa dei Campioni, quando i giallorossi ribaltarono il 2-0 dell’andata con una prestazione magistrale.

LA STORIA – “Dopo la finale persa contro il Liverpool passai al Circo Massimo per tornare a casa e mi trovai questo fiume di persone con le bandiere. Fu un momento meraviglioso: avevamo perso, ma dalle sconfitte ho sempre capito cosa significhi essere tifoso di questa squadra. Ho tratto soddisfazioni da Roma-Lecce e da Roma-Liverpool a vedere gente così vicina a noi; ho capito che sostenere la Roma significa qualcosa in più. Difficile trovare parole più belle per descrivere un amore incondizionato, un sentimento che va al di là della vittoria o della sconfitta. Un affetto che trasformerà Nela in un romano, pur essendo nato a quasi 400 chilometri di distanza dalla Capitale. La Roma lo acquista nell’ ’81, ad appena vent’anni. Quando undici anni dopo si trasferirà al Napoli, Sebino avrà totalizzato 394 presenze ufficiali in giallorosso: nel mezzo uno Scudetto, tre Coppe Italia, una finale di Coppa dei Campioni persa ai rigori, un grave infortunio ai legamenti che lo tiene lontano dai campi per un anno, migliaia di discese sulla fascia (destra o sinistra, per lui non fa differenza), centinaia e centinaia di cross e tackle, litigi verbali e non solo con gli avversari: senza cattiveria, ma con l’agonismo che solo chi nasce lottatore può mettere sul rettangolo verde. Nel 2013 entra a far parte della Hall of Fame della Roma. Il 3 marzo di quell’anno torna sotto la Curva che l’ha incitato per un decennio e, sciarpa giallorossa al collo, raccoglie commosso l’ovazione che gli riservano i tifosi, molti dei quali non erano neanche nati quando lui sgroppava sulla fascia. E dalla Sud, come il rombo di un tuono in lontananza, si alza il grido: “Picchia Sebino! Picchia Sebino!”.

L’EPISODIO 23 ottobre 1983. Dopo tre anni e mezzo, torna il derby della Capitale. La Lazio neopromossa vuole mettere i bastoni tra le ruote alla Roma Campione d’Italia. La lunga attesa scatena la fantasia delle due tifoserie, che si sfidano a colpi di sfottò, alcuni non ripetibili. Mentre le squadre fanno il loro ingresso in campo, però, la Sud srotola un enorme striscione su cui campeggiano cinque lettere, due sole parole che però dicono tutto: “TI AMO”. Racconta Sebino: “Da nessun’altra parte abbiamo visto cose simili. I tifosi della Roma hanno giocato d’anticipo, erano avanti anni luce. Questo certifica ciò che da sempre è il rapporto tra il pubblico e la squadra. Questa scritta rimarrà per sempre nella storia della società”. I biancocelesti sono carichi e intendono dimostrare di potersela giocare con i cugini più blasonati, ma dopo appena 4′ è proprio Nela a spegnere gli animi ardenti dei laziali: Conti pennella un calcio di punizione dalla sinistra verso il centro dell’area, Sebino anticipa il suo diretto marcatore e con un preciso colpo di testa in torsione batte Cacciatori. “In attesa del fischio d’inizio, ero posizionato vicino alla Tevere. C’erano moltissimi tifosi laziali, che cominciarono a inveire contro di me; da professionista mi sono girato solo per guardare, ma non ho risposto. Il caso volle che dopo pochissimo segnai. Mi riposizionai, mi girai verso la tribuna e notai con soddisfazione che queste persone erano triplicate.

Lorenzo Latini
Twitter: lorenzo_lat87

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