Roma, che meraviglia: ** Asfaltato il Chelsea con ** la forza dei tempi passati

04/11/2008 - 0:00

 
Un gioiello. La Roma disputa una partita da incorniciare. E batte il Chelsea per tre reti a uno. I giallorossi tornano a vincere dopo cinque sconfitte consecutive. Dal primo ottobre a Bordeaux non uscivano dal campo con le braccia alzate. La squadra di Spalletti (ri)nasce, all’Olimpico. Le geometrie tornano. Insieme alle giocate in velocità. E agli schiaffi in testa dopo i gol, come esultanza.
 
Il tecnico toscano muta il sistema di gioco, disponendo gli uomini secondo un 4-3-1-2, con Pizarro a supporto di Vučinić e Totti. In mediana, Perrotta, De Rossi e Brighi dànno sostegno alla difesa. Il cambiamento potrebbe da ora rivelarsi epocale. Il 18 dicembre 2005, Spalletti propose per la prima volta il 4-2-3-1 a Genova, contro la Sampdoria. Seguirono successi e spettacolo. Chissà che la trasformazione odierna non possa rappresentare una soluzione alle problematiche attuali.
 
La serata all’Olimpico è emozionante. Il pubblico è vicino alla squadra, sin dalle prime fasi del riscaldamento. «Grinta, fatica e cuore: così si riconquista l’onore», appare scritto su uno striscione al centro della curva Sud. Il cuore del tifo sostiene i giocatori mentre si abbracciano prima dell’incontro, per caricarsi. Il gruppo giallorosso ricambia poi l’affetto con gli applausi. Lo stadio intero decide di incitare la Roma, dandole fiducia. La pioggia non cade più. Molte persone prendono però posto all’interno dell’impianto nel corso del primo tempo, per via del traffico che crea problemi alla circolazione stradale. Gli spettatori totali non superano le 45.000 unità, comunque.
 
Si inizia. Il Chelsea spinge. Va al tiro almeno in tre occasioni, soprattutto da fuori area. Ma Doni risponde con prontezza. I giallorossi cominciano a macinare gioco. Senza fretta. Riescono le triangolazioni. La squadra prende coraggio. E Totti inventa, nonostante la forma fisica ancora non ottimale. Spalletti si agita, al limite della propria area di competenza. Vede il miglioramento, ma pretende di più. Questione di minuti. Cicinho crossa verso il centro dei sedici metri inglesi. Panucci devia il pallone davanti a Čech. Rete. L’Olimpico esplode. La panchina romanista scatta in piedi. È il momento tanto atteso. È gol. Il Chelsea tenta subito l’affondo con Malouda. L’arbitro tuttavia decide di chiudere la prima frazione. Sugli spalti, la gente batte le mani.
 
Riprende il match. Trascorrono tre giri d’orologio. Vučinić supera il portiere dei blues con un destro angolato. Lo stadio urla ancora, rabbioso. Ma felice. Era ora. La Roma comincia a giocare in scioltezza, con rapidità. Brighi supera in velocità due avversari sulla corsia sinistra, inebriando la tifoseria. Poi, l’apoteosi. Ancora Vučinić parte dalla linea di metà campo, si avvicina alla porta di Čech e calcia. Il trionfo. La squadra al completo — riserve comprese — si getta a terra, vicino alla panchina. Tutti i giocatori esultano, dandosi gli schiaffi in testa. Come nel passato. Spalletti si unisce, saltando sulle spalle di Panucci. Il tecnico torna a sorridere. Di gusto. Finalmente. La sua felicità è palpabile. La gara di fatto finisce. Totti viene sostituito, ricevendo — e restituendo — applausi. Un’ovazione. De Rossi si esalta con una giravolta, che gli consente di lasciare sul posto due avversari. Il gol di Terry non incide. Medina Cantalejo fischia tre volte. La presidentessa Rosella Sensi raccoglie la felicità della gente, lasciando la tribuna d’onore. È festa. Festa vera. Festa grande. Finalmente.

 
Benedetto Saccà
 

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